Il piombo uccide cervo reale: l'ENPA non ci sta
Di recente abbiamo assistito all’attuazione del piano di gestione predisposto dalla Provincia di Sondrio per ridurre la densità di cervi nell’area della Colmen di Dazio, nel Morbegnese, finalizzato sia alla riduzione dei danni a carico dei piccoli coltivatori, sia alla mitigazione della –ben più rilevante– problematica degli incidenti stradali che spesso si sono verificati sul vicino tratto di statale 38. In considerazione di queste criticità, soprattutto in merito alla sicurezza stradale, è opportuno cercare soluzioni che siano allo stesso tempo efficaci e durature. Nel tentativo di prescindere dalle –pur rilevanti– questioni di natura etica, le scelte operate in tal senso dall’Amministrazione Provinciale appaiono quantomeno discutibili.
Se da un lato la riduzione della densità di cervi determinerà, plausibilmente, una riduzione delle problematiche nel breve periodo, viene da domandarsi se nel medio-lungo termine questa efficacia possa continuare a essere garantita. In assenza di un costante prelievo di ungulati (non solo cervi!) nell’area, soluzione che –francamente– svilirebbe il senso stesso di “zona di protezione”, è plausibile pensare che sia i danni alle colture, sia gli incidenti stradali, potrebbero ripresentarsi in tempi più o meno rapidi. Inoltre, le conseguenze –nel breve e lungo periodo– del disturbo legato all’attività venatoria non appaiono né chiare, né prevedibili. A questo si aggiunga che il problema della sicurezza stradale legata alla fauna selvatica, in questo tratto di S.S. 38, è noto da tempo. Già nel 2007 l’Amministrazione Provinciale commissionò un’indagine finalizzata all’individuazione delle aree critiche dal punto di vista degli incidenti stradali con fauna selvatica. Da questo documento (scaricabile dal sito: http://www.provincia.so.it/agricoltura/caccia/progetti/incidenti/elenco/Ritrovamenti_Fauna_Selvatica_2000-2006.pdf) emerse in modo inequivocabile la criticità, a livello provinciale, dell’area di Dazio-Pilasco.
Fra le varie soluzioni proposte per mitigare il problema, appaiono di particolare interesse lo spostamento dell’area protetta e, contestualmente, l’adozione di misure quali gli incentivi alla riduzione della velocità di percorrenza del tratto di S.S. 38, l’utilizzo di opportuna segnaletica luminosa, fino eventualmente all’installazione di recinzioni in grado di “guidare” gli animali verso aree di attraversamento sicure (es. viadotto del Tartano). È opportuno ricordare come i movimenti di fauna selvatica fra i versanti retico e orobico siano ormai una realtà consolidata e per molti aspetti positiva, fatta salva la necessità di garantire la sicurezza stradale: in tal senso, pare difficile pensare che la soluzione al problema possa passare attraverso l’attuazione di un piano di prelievo. Altre soluzioni, certo più onerose, appaiono allo stesso tempo più efficaci e sostenibili (da tutti i punti di vista: etico, gestionale) e senza dubbio più durature nel tempo.